«Nei supermercati i prezzi continuano ad aumentare, ma gli agricoltori sono sempre più poveri». L’accusa arriva dalla Cia-Agricoltori italiani di Verona che, martedì 17 ottobre, ha annunciato lo stato di mobilitazione generale, scendendo in piazza giovedì 26 ottobre, a Roma, per chiedere un piano strategico che metta al centro l’impresa agricola e il suo reddito. Alla manifestazione, come hanno spiegato Andrea Lavagnoli, presidente Cia Verona, i vicepresidenti Mirko Sella e Andrea Garonzi e la direttrice provinciale Marta Turolla, parteciperà anche l’associazione di Verona con un pullman di 150 imprenditori agricoli, in rappresentanza di un territorio dalla grande diversificazione produttiva e dall’alto valore aggiunto.
«Negli ultimi anni, tra le attività economiche, l’agricoltura è stata quella più colpita dalle conseguenze di fenomeni ed eventi epocali – sottolinea Andrea Lavagnoli -. Una crisi innescata nell’autunno 2021 dalla spirale dei rincari energetici, proseguita nella prima parte del 2022 per effetto della guerra russo-ucraina ed esasperata, fino ai giorni recenti, da siccità, eventi climatici e crisi fitosanitarie. In questo contesto, già complesso, vergognosamente le filiere continuano a considerare l’agricoltura come l’anello debole del sistema. In tutti i settori, ormai, le imprese agricole non riescono a coprire i costi di produzione, oltre a subire il peso dell’inflazione, del clima e delle sfide della transizione green, che obbliga gli agricoltori a sostenere elevati oneri finanziari e burocratici. Costa molto produrre e quello che portiamo a casa è sempre meno».
Per quanto riguarda la discrepanza tra i prezzi tra il campo e la tavola, che crescono in media a tre cifre, Cia propone di «distribuire sulla fase a monte una quota di tale incremento, che consentirebbe agli agricoltori il giusto reddito per continuare a produrre qualità, senza alterare gli equilibri della filiera. Occorre con urgenza aggiornare la normativa sulle pratiche sleali – conclude Lavagnoli -, certificando i costi di produzione agricola e assicurando prezzi dignitosi agli agricoltori. Se i coltivatori abbandonano la produzione, crolla la filiera e, con essa, il made in Italy agroalimentare».