I dati delle analisi svolte da Acque Veronesi a fine maggio nel Comune di Arcole sui pozzi privati e sulla rete acquedottistica confermano che la situazione è sotto controllo. «Gli esami confermano che non ci sono rischi per la popolazione. La guardia rimane alta, ma nessun allarmismo», ha detto il sindaco Alessandro Ceretta.
I risultati delle indagini, svolte dal laboratorio interno di Acque Veronesi e che hanno riguardato 38 pozzi privati ubicati nel capoluogo e nelle frazioni di Volpino e Gazzolo, sono state presentate questa mattina, nella sede della società consortile, dal presidente Niko Cordioli, dal consigliere di amministrazione Paola Briani, dal sindaco di Arcole, Alessandro Ceretta e dal consigliere regionale ed ex sindaco arcolese, Giovanna Negro.
«Dalle analisi è emerso che nessuno dei composti della famiglia dei Pfas sfora i limiti di perfomance stabiliti dall’Istituto Superiore di Sanità e successivamente recepiti dalla Regione Veneto – ha commentato il presidente Cordioli –. Gli altri abitanti di Arcole, approvvigionati dall’acquedotto pubblico gestito dalla nostra società, le cui acque provengono dalla centrale di Madonna di Lonigo, possono stare tranquilli, in quanto le analisi effettuate dalle Ulss competenti hanno confermato che non vi sono problemi di qualità o sicurezza dell’acqua».
«In 27 pozzi sui 38 analizzati, nell’acqua erano presenti concentrazioni irrilevanti di Pfas. Negli altri 11 pozzi la concentrazione è risultata più sensibile, ma con valori al di sotto della soglia limite – ha spiegato il sindaco Ceretta – Le concentrazioni maggiori sono state registrate nei pozzi più profondi, mentre i pozzi superficiali sono quelli che hanno concentrazioni di Pfas quasi impercettibili. Non abbasseremo la guardia, ma bisogna evitare inutili allarmismi che potrebbero generare confusione tra la cittadinanza».
Acque Veronesi ha dato il via ad un’importante sperimentazione per studiare le diverse tecniche di abbattimento dei Pfas, tra le quali l’impiego di diverse tipologie di carbone attivo, l’utilizzo di un impianto pilota per l’ossidazione avanzata e l’utilizzo di carbone in polvere. In accordo con l’Ulss 20 di Verona, in assenza di altre indicazioni, sono stati applicati per le acque potabili i limiti di legge presenti nella normativa ambientale tedesca che prevede un limite pari a 500 ng (nanogrammi) per litro per PFOA+PFOS. Nel mese di febbraio 2014, l’Istituto Superiore di Sanità ha definito i limiti di performance impiantistica da applicare per la distribuzione delle acque potabili: PFOA<500 ng/L, PFOS<30 ng/L, Altri PFAS(*)<500 ng/L.
L’acqua proveniente dalle falde di Almisano rispetta i valori di performance definiti dall’Istituto Superiore di Sanità. Per la risoluzione della fase di emergenza, in accordo con la Regione Veneto, è stato potenziato il sistema di trattamento delle acque mediante filtrazione su carboni attivi, con aumento della potenzialità dai 200 L/s a 500 L/s ed è stato aumentato il volume del serbatoio di accumulo presso la centrale da 1.000 mc a 5.000 mc. L’investimento complessivo è stato di 2.800.000 euro. Acque Veronesi ha infine effettuato uno studio di fattibilità per utilizzare fonti di approvvigionamento alternative ad Almisano, integrando i campi pozzi esistenti con la creazione di nuovi, in falde presenti nei territori comunali che vanno da Verona a Belfiore. L’investimento previsto è pari a 57 milioni di euro, per una lunghezza di rete complessiva di circa 40 km.