È nelle case di riposo il nuovo fronte dell’emergenza Coronavirus. Lo ha capito, forse un po’ in ritardo, la Regione Veneto che ieri ha lanciato un piano per la presa in cura dei pazienti sintomatici a domicilio e degli ospiti delle case di riposo che risultassero positivi. E oggi, con una videoconferenza alla 13,30, il direttore generale dell’Ulss 9, Pietro Girardi, e quello ai servizi sociali, Raffaele Grottola, hanno presentato l’applicazione sul territorio di questo piano.
Un’emergenza che è scoppiata giovedì scorso con il primo deceduto alla casa di riposo “Maria Gasparini” di Villa Bartolomea, dove oggi il contro dei morti è salito a 22, con 38 ospiti positivi e 12 operatori. Per poi estendersi a quella di Legnago, dove i decessi sono 4 tra gli anziani ospiti; a Sommacampagna con 1 ospite morto; alla casa di riposo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia di Colà di Lazise, dove sono 5 le suore decedute, e ne risultano infettate una cinquantina su 60 ed alcuni operatori della struttura delle Piccole Suore della Sacra Famiglia; a Villa Verona dell’Istituto anziani con un medico dell’ospizio colpito da Coronavirus e ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Borgo Roma.
«Nel Veronese abbiamo una popolazione di 5584 anziani ospitati in 80 case di riposo – ha esordito il direttore generale dell’Ulss 9 -. Ricordo che un primo piano operativo per quest’emergenza sanitaria era stato fatto 40 giorni fa. Ora, ieri sono accadute due cose importanti: la Regione ha attuato un nuovo protocollo che prevede la creazione delle “Unità speciali di continuità assistenziali” e l’incontro tenuto in videoconferenza con tutti i direttori delle case di riposo del Veronese ed i direttori dei quattro distretti della provincia per fare il punto della situazione».
Uno dei problemi più pressanti, oltre a quello di riuscire a fare i tamponi per verificare l’eventuale positività di ospiti ed operatori, è quello del personale che, se trovato positivo, deve andare in quarantena. Una situazione che ha visto nelle scorse ore dare in vera emergenza l’ospizio di Villa Bartolomea, ma anche quello di Sommacampagna e oggi quello di Legnago, dove stamattina sono risultati positivi ai tamponi quasi tutti gli ospiti, una trentina, del padiglione A, e tutti gli operatori di quell’area.
«Ora, da oggi stesso parte il piano deciso dalla Regione che prevede la nascita delle Unità speciali di continuità assistenziale, una ogni 50 mila abitanti, che dovranno agire sul territorio sia nell’assistenza a domicilio di positivi e ammalati di Covid 19, sia nelle case di riposo. In quest’ultimo caso – ha spiegato il direttore Girardi – l’azione chiesta alle Ulss dalla Regione si sviluppa su due azioni: una valutazione del rischio di contagio nelle strutture residenziali per anziani ed una di supporto in caso di verificarsi di positività di un ospite o di un operatore».
«Per quanto riguarda la valutazione del rischio – è intervenuto il dottor Grottola – si andrà in queste ore con i nostri specialisti di medicina di base e di igiene a definire un piano di sanità pubblica per le case di riposo che dovrà prevedere spazi di isolamento, distanziamento degli ospiti, modalità operative all’interno, dispositivi di sicurezza per gli operatori. Un piano che va di pari passo con quello dell’effettuazione di tamponi in particolare agli operatori sanitari».
«Teniamo presente – ha ripreso Girardi – che già sono stati fatto 1300 tamponi nelle case di riposo di Legnago, Villa Bartolomea, Colà di Lazise e Villa Verona. E questo considerando le difficoltà che permangono nel reperimento di tamponi e soprattutto dei reagenti chimici per poi analizzarli. La stessa cosa vale per gli assistiti a domicilio, dove mi preme sottolineare, per evitare eventuali sciacalli che possano fingersi nostri operatori, che il personale arriverà nelle case dopo un preavviso telefonico e che sarà ben identificabile con auto dell’Ulss 9, tesserini e camici dell’Ulss 9».
L’altro fondamentale tema è quello del personale delle case di riposo, che come si è già visto nelle emergenza di Legnago e Villa Bartolomea, va in sofferenza quando iniziano ad essere riscontrati positivi tra gli operatori, che quindi sono costretti alla quarantena.
«Stiamo cercando di aiutare le case di riposo a trovare nuovo personale, in particolare abbiamo segnalato a tutte le direzioni degli ospizi un elenco di cooperative che operavano per l’Ulss, e quindi con personale qualificato, e che in quest’emergenza ha visto sospesi quei servizi ed è quindi oggi a casa – ha concluso Girardi -. Lo stesso vale per strutture sanitarie private che a loro volta hanno dovuto chiudere alcune attività ed anche qui c’è del personale qualificato da cui attingere. Poi, è chiaro, dipende dal sindaco accettare o meno quest’impegno».