Oggi, con un comunicato i consiglieri comunali di maggioranza (tutti del Pd) Diletta Marconcin, Giovanni Mascolo, Simone Pernechele, Luca Dalla Vecchia e Barbara Ottoboni, hanno chiesto al sindaco Clara Scapin di ritirare la delibera con cui la giunta comunale di Legnago ha deciso, il 6 maggio, di acquisire al patrimonio pubblico un edificio nella frazione di Vigo che attualmente è di proprietà della Curia di Verona ed è adibito a scuola dell’infanzia.
«L’edificio, che risultò parzialmente danneggiato dal sisma del 2012, ospita la scuola d’infanzia frequentata da una trentina di bambini ed è gestito da una associazione di genitori, affiliata alla federazione delle scuole materne private cattoliche (Fism) – spiegano i consiglieri -. La Fism, a causa della diminuzione marcata delle nascite e della difficile situazione economica generale attuale, consiglia anzi sollecita, l’accorpamento delle sedi più piccole con strutture più grandi per evidenti ragioni di contenimento dei costi. Costi che sono a carico dei genitori che possono sì contare su contribuiti regionali, ma questi contributi spesso vengono erogati con pesanti ritardi (anche uno o due anni). Nel caso della scuola di Vigo è stato chiesto alla Curia, proprietaria dell’immobile, il ripristino dell’immobile stesso. La Curia non ha ritenuto, perché economicamente non conveniente, di erogare la somma necessaria, ha comunque concesso il nulla osta al recupero in caso di reperimento di fondi privati».
«Nel frattempo, è stato redatto da parte di due professionisti un progetto di massima per la completa ristrutturazione dell’edificio con un preventivo di spesa di 750 mila euro. Per qualche ragione imperscrutabile, con una nota in data 24/02/15, indirizzata al Commissario straordinario per gli interventi del sisma di maggio 2012 il Comune di Legnago ha chiesto un contributo per l’intervento in oggetto. La Regione Veneto, non può assegnare direttamente la somma alla Curia o all’associazione che gestisce la scuola – spiega Pernechele che è anche presidente del consiglio comunale -. Ora, con il provvedimento adottato dalla giunta di Legnago, si vuole aggirare la norma attraverso l’acquisizione dell’edificio al patrimonio pubblico per poter ottenere il finanziamento promesso di 600 mila euro, per ristrutturare l’immobile, con la spesa di 150 mila euro di mezzi del comune e quindi, con un gioco di prestigio, darlo in comodato gratuito alla medesima associazione».
«Premesso che non siamo mossi da pregiudiziali di alcuna natura ideologica o di parte, esprimiamo netta contrarietà alla delibera in oggetto per le seguenti ragioni: una buona amministrazione dovrebbe spendere il denaro pubblico, sempre più limitato, attraverso una programmazione e un piano degli interventi con delle priorità ed ispirato ad una qualche razionalità – chiarisce Luca Dalla Vecchia -. Uno degli elementi fondamentali è l’andamento demografico; uno studio elementare ci consegna una proiezione nei prossimi anni di 28 bambini di cui 14 extracomunitari, che quasi sempre non vengono iscritti alle scuole private cattoliche. Da considerare anche che se a settembre 2015 le iscrizioni scendessero a 29 bambini, dagli attuali 35, non sarà possibile mantenere le due attuali sezioni. Questo comporterà anche una riduzione del personale che, invece, con scelte più oculate avrebbe potuto mantenere il lavoro magari in sedi vicine».
«Non trova dunque, giustificazione, la spesa di pubblico denaro per erogare un servizio che potrebbe essere comunque garantito attraverso l’utilizzo di altre strutture pubbliche o private (peraltro particolarmente vicine) con un comodo servizio di trasporto – avverte Diletta Marconcin -. Il consiglio comunale di Legnago non ha adottato, come sarebbe opportuno, un regolamento per la disciplina della concessione in comodato d’uso gratuito o altre forme di concessioni di edifici del patrimonio comunale. Il costo del progetto, inoltre, risulta a carico dell’ente locale, per una somma a delibera di 40 mila euro per il progetto esecutivo. Infine, possono essere rilevati profili di illegittimità per l’affidamento diretto all’associazione, in difetto di una gara ad evidenza pubblica».
«Per tutte queste ragioni, non ritenendo prioritaria o urgente la delibera e mancando il requisito di interesse pubblico i sottoscritti consiglieri comunali ne chiedono il ritiro – conclude Barbara Ottoboni -. Per la rivitalizzazione della frazione di Vigo, che sta cuore anche a noi almeno quanto al resto dell’amministrazione, l’impegno dovrebbe incentrarsi sulla qualità dei servizi e nella integrazione con l’intera area comunale».