«L’emergenza Pfas nel Veneto richiede l’apertura di un confronto sull’introduzione del reato di “attentato all’ambiente”». A dirlo, giovedì 10 marzo, è stata l’Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela Territorio ed Acque Irrigue.
«Quanto si sta registrando nel Veneto, dove il 52% delle falde acquifere sarebbe contaminato dalla presenza di PFAS, molecola velenosa utilizzata nei trattamenti idrorepellenti, conferma quanto pubblicato nel nostro magazine “Ambienti d’Acqua” e ribadito, nella recente Conferenza Anbi a Firenze, da Salvatore Giacchetti, presidente aggiunto onorario del Consiglio di Stato: in Italia dovrebbe introdursi il reato di attentato all’ambiente, affiancandolo al principio di chi inquina paga», è il commento di Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi) di fronte alle preoccupanti notizie, che indicano negli scarichi di un’industria del vicentino, la causa della contaminazione delle risorse idriche utilizzate dalla popolazione di 79 comuni in 3 province (Verona, Vicenza e Padova), ma il problema potrebbe estendersi.
«La preoccupazione è tanta anche perché come Consorzi irrigui di bonifica noi siamo l’acqua a tutto il mondo agricolo e quindi alla catena alimentare – sottolinea Andrea Crestani, direttore dell’Anbi Veneto -. Non è più tollerabile che possano accedere emergenze del genere. Di mezzo c’è la salute dei cittadini ed anche il valore dell’agricoltura veneta. Per questo chiediamo l’istituzione del reato di “Attentato Ambientale”».
«I PFAS sono sostanze perfluoroalchiliche, utilizzate nel trattamento per rendere idrorepellenti i materiali, ma che, assunte dall’uomo attraverso la catena alimentare, creerebbero gravi conseguenze soprattutto al cervello ed al fegato – continua Vincenzi -. È notizia di questi giorni che un’industria, nello stato di New York, deve pagare i danni per un inquinamento causato dalla fuoriuscita in ambiente della stessa sostanza che, secondo l’Epa, l’agenzia ambientale americana, sarebbe tra le cause di cancro, malattie della tiroide, colite ulcerosa e colesterolo alto».
«Oggi, come sempre, stiamo lavorando a fianco della Regione anche in quest’emergenza come abbiamo fatto per l’alluvione -riprende Crestani -. Abbiamo anche chiesto a tutti i nostri associati di aumentare i controlli ed i monitoraggi sull’acqua che immettiamo nei canali irrigui».
«Evitando inutili allarmismi, poiché gli acquedotti ad uso potabile sono già stati dotati di adeguati filtri ed esprimendo fiducia sull’operato della task force istituita dalla Regione Veneto – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale ANBI – non possiamo esimerci dal sottolineare come, ancora una volta, sia il settore primario a correre i maggiori rischi per un atteggiamento irresponsabile verso l’ecosistema. Per questo ci allineiamo alla richiesta di una voce autorevole come quella di Giacchetti nel richiedere l’istituzione di attentato, se non addirittura, omicidio ai danni dell’ambiente, un reato, di cui proprio l’attività irrigua dei Consorzi di bonifica è spesso tra le prime vittime».