«È stato necessario soccorrere i bilanci in perdita della Fiera con un aumento di capitale che ha anche aumentato da 5 a 7 i posti del consiglio di amministrazione e ha introdotto la nuova figura dell’amministratore delegato accanto a quella tradizionale di direttore generale. Tradotto: un posto per il Comune con presidente predestinato Federico Bricolo, uno per la Fondazione Cariverona e uno per la Camera di Commercio, col presidente uscente Maurizio Danese».
L’aveva scritto oggi, poco dopo le 13, Michele Bertucco, In Comune per Verona, Sinistra Civica Ecologista, e così, infatti è stato poco fa con l’elezione di Bricolo a presidente di VeronaFiere.
«Se le nomine di oggi confermeranno tale schema non c’è che un modo per definire tale sistemazione di interessi: inciucio o, per i palati più fini, neo corporativismo, dal momento che qui non vengono rappresentanti gli interessi della comunità ma di singoli gruppi di potere che si spartiscono la torta tra loro in nome di un interesse generale che non c’è – ha sottolineato Bertucco -. Se confermata, tale sistemazione non rispetta nemmeno la parità di genere in quanto avrà un cda interamente al maschile».
«La città ha messo dei soldi per salvare la Fiera e il suo discutibile management, ma si continua ad ignorare il tema del rapporto con il territorio e dei quartieri in particolare, che vanno ristorati e mitigati rispetto ai disagi causati dalle attività dell’ente – ha concluso il consigliere comunale d’opposizione -. Senza contare che anche queste nomine, come quelle di Serit e AmiaVr, potevano e dovevano essere lasciate alla prossima amministrazione. Ma a Verona, non solo da parte dei partiti, quello che conta è occupare le poltrone. Ben venga dunque anche il caso di un sindaco uscente, debole e improduttivo, costretto a pagare le cambiali elettorali prima ancora di andare a elezioni. Un posticino si trova sempre».