
«Chi oggi si strappa i capelli per i “mille posti di lavoro persi a Verona” a causa della rinuncia di Ikea forse dimentica che questa cifra fu il cavallo di battaglia di Vito Giacino nella campagna elettorale 2012».
Lo ricorda Michele Bertucco, consigliere comunale di Verona e Sinistra in Comune, davanti all’esplodere negli ultimi due giorni di un’assurda battaglia politica attorno all’annuncio della fine del progetto (se mai uno ve n’è realmente stato) dell’arrivo di Ikea a Verona.
«Giacino si era rivolto direttamente ai lavoratori dell’ex Biasi in cassa integrazione ai quali prometteva, come poi successe anche con Adigeo, un impiego con l’intermediazione del Comune. Follia pura. Non solo tale cifra non trova alcun riscontro in nessuno dei centri Ikea attualmente aperti, ma non tiene conto nemmeno dei posti di lavoro che un centro commerciale da 120 mila metri quadri (3 volte Adigeo) farebbe perdere facendo fallire decine di negozi di quartiere. Siamo purtroppo alla propaganda elevata a scienza della politica. Una situazione imbarazzante anche per il fatto che dal 2011 ad oggi nessuno dei tantissimi sostenitori (a parole) di Ikea ha mai pensato di avviare in Regione una variante al Paqe, passaggio obbligato se si voleva dare una mano alla multinazionale del mobile – denuncia Bertucco -. Nessuno si è poi cimentato con la nuova legge regionale sul commercio che finalmente pone anche in Veneto un freno alla proliferazione delle grandi superfici commerciali. Nessuno ha proposto una soluzione viabilistica per l’affluenza che era stata prevista da uno studio indipendente di 4,5 milioni di auto all’anno solo per quanto riguarda i visitatori. Nessuno ha fatto i conti con la nuova legge sul consumo del suolo che pure era stata salutata positivamente e che avrebbe dovuto essere modificata e piegata ai voleri di Ikea».
«Siamo ancora fermi alle chiacchiere e alle rivendicazioni. La faccenda passerà agli archivi della cronaca senza che nessun politico veronese o veneto abbia alzato un foglio – conclude Bertucco -. Se poi Ikea fosse davvero l’ultima speranza per la Marangona sarebbe da fare un discorsetto al Consorzio Zai composto, non da oggi, da 3 dirigenti e 9 consiglieri di amministrazione che costano ogni anno circa un milione di euro. Senza contare i costi delle partecipazioni del Consorzio che abbiamo dimostrato essere il buen retiro della politica veronese. Si direbbe soldi non proprio ben spesi».