La Guardia di Finanza di Verona ha denunciato, a seguito di un’indagine coordinata dal pubblico ministero Stefano Aresu della Procura della Repubblica di Verona, un dirigente bancario e altre 15 persone per l’ipotesi di reato di truffa ai danni di una nota società finanziaria.
Le investigazioni dei militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria hanno interessato, in particolare, il vicedirettore di una banca della provincia, sospettato di aver architettato un ben congegnato sistema di frode attraverso il quale era riuscito a istruire più di 40 pratiche di finanziamento a favore di propri clienti, per un corrispondente importo di circa 600 mila euro, dei quali oltre 370 mila interamente erogati.
È stato scoperto che l’infedele manager bancario, con la complicità di numerosi clienti del medesimo istituto di credito, bisognosi di prestiti, tra il gennaio e il giugno del 2018 ha fatto loro sottoscrivere più di 40 richieste di finanziamento da un minimo di 5 mila euro a un massimo di 40 mila euro, che ha istruito in veste d’intermediario e inoltrato personalmente alla società finanziaria tramite l’apposito portale.
Le Fiamme Gialle hanno, nello specifico, scoperto che a oltre la metà delle rispettive pratiche erano stati allegati buste paga e modelli di dichiarazione dei redditi che il vice-direttore di banca aveva alterato o contraffatto, al fine di dissimulare la reale condizione economica dei richiedenti che, laddove fosse stata nota alla finanziaria, avrebbe indotto la medesima a respingere la relativa istanza per carenza di adeguate garanzie. I finanziamenti allo stato insoluti, che rappresentano il danno concretamente patito dalla società erogante, ammontano a 178 mila euro; quelli ottenuti illecitamente, ma già rimborsati dai richiedenti, sono pari, invece, a circa 200 mila euro.
La Guardia di finanza ha accertato che i soggetti destinatari dei prestiti avevano riconosciuto al vicedirettore, a titolo di ricompensa per il buon esito delle istruttorie, somme di denaro corrispondenti al 10% del finanziamento ottenuto, con punte che variavano da un minimo di mille a un massimo di 3 mila euro, per un totale complessivo che si sospetta essere superiore a 30 mila euro.
Tra i casi scoperti vi sono quelli del titolare di un bar-pizzeria, beneficiario di un finanziamento di 32 mila euro, che ha prodotto una falsa dichiarazione fiscale evidenziante redditi percepiti per oltre 152 mila euro, quando in realtà ne aveva dichiarato poco più di 11 mila. Oppure quello di un altro richiedente, spacciatosi per lavoratore autonomo, che ha accluso alla pratica di finanziamento di 33 mila euro una dichiarazione dei redditi per l’anno 2017 di oltre 47 mila euro sebbene nella realtà non la presentasse dal 2012.
I militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria hanno anche accertato che molte delle buste paga fornite a corredo da vari richiedenti erano tra loro identiche, variando nella sola parte dei dati anagrafici, oppure presentavano incongruenze nella parte relativa al datore di lavoro, riportato con medesima denominazione ma con codici fiscali differenti.