La Procura antimafia di Venezia, con l’ausilio di Direzione investigativa antimafia e Nucleo di polizia economico-finanzia di Verona, ha eseguito ieri un’ordinanza di custodia cautelare a carico di quattro persone, nonché il sequestro di beni per un valore di oltre 9 milioni di euro. In carcere sono finiti l’imprenditore veronese Giorgio Chiavegato, 63 anni, amministratore della Eurocompany Group e i calabresi Francesco e Pasquale Riillo, rispettivamente 52 e 56 anni, di Isola di Capo Rizzuto (entrambi già detenuti per un’altra vicenda di ‘ndrangheta), mentre a Pier Domenico Sighele, 75 anni, di Rovereto, uno dei principali collaboratori di Chiavegato, è stato imposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza.
A darne notizia, oggi, è Il Gazzettino, quotidiano del Nord Est in un articolo a firma di Gianluca Amadori.
La Procura aveva chiesto l’emissione di una misura cautelare a carico di altri 15 indagati ma il gip ha rigettato l’istanza. Il pm Giovanni Zorzi contesta a vario titolo reati tributari, con particolare riferimento all’emissione e utilizzo di false fatturazioni, riciclaggio e autoriciclaggio, aggravati dall’aver utilizzato metodi mafiosi per agevolare l’attività della ‘ndrangheta.
Tra le principali vicende finite all’attenzione degli investigatori vi è un consolidato sistema di sovrafatturazione messo in atto dalla Eurocompany Group in relazione a ponteggi ed altri servizi offerti alla Fondazione Arena di Verona, che avrebbe pagato somme di molto superiori a quanto effettivamente dovuto (nell’ordinanza si parla di 150-200 mila euro in più al mese) grazie alla «compiacenza di alcuni soggetti interni alla Fondazione», per individuare i quali è in corso uno stralcio dell’inchiesta penale.
Il filone d’indagine concretizzatosi ieri in arresti e perquisizioni tra Veneto, Trentino e Calabria, ha preso il via anche grazie alla collaborazione offerta agli investigatori da Giuseppe Giglio, un tempo uomo della cosca di Grande Aracri, e dall’imprenditore Domenico Mercurio, già implicati in due importanti inchieste che hanno portato allo smantellamento di potenti reti criminali operanti in Veneto, una delle quali affiliata al clan ‘ndranghetista di Antonio Giardino, in relazione ad una serie di reati per i quali il processo è tutt’ora in corso a Verona.
Gli accertamenti, relativi a fatti, che risalgono in gran parte al 2014 e 2015, sono stati condotti attraverso indagini finanziarie, disamine contabili, riscontri incrociati, analisi dei dati antiriciclaggio, riscontri degli obblighi previdenziali sul personale dipendente delle varie società. Numerose le fatture contestate come fittizie che sarebbero servite, secondo gli inquirenti, a coprire un flusso costante di denaro a favore di imprese con sede in Calabria, rappresentate o riconducibili ad ambienti della criminalità organizzata.
Alcune delle persone finite sotto inchiesta sono uomini di fiducia o semplici dipendenti di Chiavegato. Innanzitutto Pier Domenico Seghele, 70, di Rovereto (Trento), l’unico al quale è stato applicato un obbligo di dimora per aver gestito di fatto alcune cartiere, alcune delle quali formalmente amministrate al fratello Alberto Seghele, 75 (anche lui residente a Rovereto), altre in parte intestate a teste di legno. Per gli altri il gip non ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari: si tratta di Giorgio Meneghelli, 61, Sant’Ambrogio di Valpolicella, tra i collaboratori più vicini a Chiaregato, e il ragioniere Michele Marin, 49, residente a Verona.
Oltre gli imprenditori calabresi Francesco e Pasquale Riillo, 52 e 56 anni, gli altri indagati sono tutti amministratori formali di società: Andrea Longo, 46, di Legnago, Loris Apostoli, 66 anni, Liviano Bertogna, 71, Fausto Grigoli, 48, Matteo Lucchese, 43, Marisa Mantovani, 74, Daniele Manzini, 60, Anna Marcolini, 33, Nicola Pasqua di Bisceglie, 51, Franco Perinelli, 51, Gianluigi Prà, 73, Michele Strina, 62, tutti residenti a Verona. Per il pentito Domenico Mercurio non è stata chiesta alcuna misura cautelare.