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3 Giugno 2023
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Vitivinicoltura, Marchesini (Confagricoltura): «Consumi piatti e assenza di turisti ci portano verso un -50% di vendite»

Da una settimana, con la riapertura di bar e ristoranti, sono ripartiti gli ordinativi per il settore vitivinicolo, ma la sensazione degli imprenditori agricoli è che i consumi siano parecchio sottotono. Manca all’appello tutto il settore turistico dall’estero che in questo periodo affollava la seconda città turistica del Veneto e la quarta in Italia per turisti stranieri. E parecchi ristoranti, dalla città al lago di Garda, non hanno riaperto. Perciò c’è il timore che molto vino resterà in cantina.

«Siamo in grande difficoltà – sottolineava ieri, lunedì 25 maggio, Christian Marchesini, presidente dei vitivinicoltori di Confagricoltura Veneto -. La ripartenza sarà molto lenta per tutti e quindi, oltre ad aver perso un 30% delle vendite, relativo ai tre mesi di lockdown, se non riprenderanno ad alto ritmo i consumi la percentuale potrà arrivare al 50%. Abbiamo la certezza che una grande quantità di prodotto avanzato, vedi i vini d’annata e pronti da bere, non potrà più essere smaltita. Ci servono quindi misure urgenti per permetterci di avere liquidità e ridurre i costi di produzione. Perciò chiediamo, innanzitutto, di abbassare il limite di produzione dei vini da tavola portandoli a 300 quintali per ettaro e senza deroghe. Crediamo molto anche nella distillazione di crisi, dando priorità ai vini dop e igp, che permetterebbe ai produttori di vendere il vino non di pregio ai distillatori per la conversione in alcol. Le cifre che ci hanno proposto, vale a dire 20 euro a ettogrado, sono però troppo basse per sostenere il mercato, così come i 400 euro a ettaro per la vendemmia verde, che andrebbero raddoppiati. Siamo comunque favorevoli a sostenere le iniziative consortili volte alla riduzione delle rese, ma sempre con priorità ai vini dop».

«Le vendite nella grande distribuzione, che stanno andando bene, hanno ridotto il danno, ma solo in parte. Alcune aziende hanno tenuto, altre sono rimaste bloccate totalmente. Il vino venduto sugli scaffali è infatti di fascia medio bassa e quindi tutta la produzione di livello maggiore, destinata a occasioni conviviali, non ha avuto sbocchi – conclude Marchesini -. Anche la vendita diretta in cantina è stata sbloccata da poco, il che significa un altro 20% perduto. Molte aziende hanno implementato le piattaforme per la vendita online, ma sono processi che per funzionare richiedono mesi. Nel frattempo le aziende si ritroveranno con grandi problemi finanziari perché, oltre ai mancati introiti, ci saranno anche molti crediti inesigibili a causa della chiusura o della crisi di ristoranti e hotel».

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